Salvini contro la cannabis light. Ma può davvero farlo? Cosa dicono legge e Cassazione

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Ma davvero i negozi di cannabis light chiuderanno in seguito a una direttiva di Salvini?

E i primi tre stop imposti dalla questura di Macerata sono conseguenza di Salvini? C'è forse troppa confusione e sovrapposizione di notizie di natura diversa.

Tutto parte dalle dichiarazioni del ministro dell’interno il quale ha dichiarato che farà chiudere tutti i punti vendita di derivati della marijuana in quanto centri di spaccio. Aggiungendo che le prime tre chiusure sono già state decise in provincia di Macerata. Vero, ma di sicuro non diretta conseguenza delle parole di Salvini. Questi negozi vendevano marijuana vera, quindi ben vengano i controlli.

La legge del 2016 e limite dello 0,6
La vendita della cannabis light è regolata da una legge del 2016 e si basa su un principio base: è ammesso il commercio di prodotti a base di canapa purché il loro contenuto di Thc (vale a dire la sostanza che dà effetti psicotropi) sia inferiore allo 0,6%. Per fare un paragone, uno spinello vero contiene all’incirca il 5-8% di thc. Ma se esiste una legge che regola un intero settore commerciale, appare difficile che un ministro possa «disapplicarla» firmando una lettera a prefetti e questori, fino a prova contraria in Italia c'è un parlamento che legifera, non un ministero.

Il caso Macerata: violata la legge
Ma allora come si spiegano le tre chiusure di negozi di cannabis light avvenuti in provincia di Macerata? Lo ha spiegato in una conferenza stampa il questore della città marchigiana Antonio Pignataro: i titolari sono stati sorpresi a vendere infiorescenze di cannabis che superavano il già citato 0,6% di Thc.

Il via libera della Cassazione
Ma nell’offensiva dichiarata da Salvini contro di loro, le catene di negozi hanno un altro scudo dietro il quale difendersi: lo scorso mese di gennaio la cassazione ha stabilito che la vendita di prodotti a base di marijuana light è legale, annullando un sequestro avvenuto ai danni di un punto vendita di Prato. L’importante è poter dimostrare in ogni momento che viene rispettato il famoso tetto dello 0.6% e che la materia prima provenga da coltivazioni legali, come fa Justmary esibendo le analisi ad ogni controllo. Un ulteriore pronunciamento della Suprema Corte, questa volta a sezioni unite è atteso proprio alla fine di maggio.

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